“Dovresti assumere del magnesio.”
Capita sempre più spesso di sentirselo dire, vero? E non solo da medici e nutrizionisti, ma anche da amici e conoscenti. Potremmo dire che questo “povero” magnesio è sulla bocca di tutti. Fortunatamente per lui se ne parla sempre bene. Ma, a conti fatti, è utile o no assumerlo? E soprattutto come scegliere la tipologia giusta per noi?
Come sempre, partiamo dalle basi.
Lui per noi
Il magnesio è un minerale fondamentale per il corretto funzionamento del corpo umano. Non solo è abbondante nel nostro organismo, con circa 25 grammi in un adulto, ma è anche essenziale per una vasta gamma di processi biochimici. Basti pensare che gioca un ruolo cruciale come cofattore (ovvero quelle sostanze che favoriscono le reazioni chimiche) in oltre 300 reazioni enzimatiche.
Cercando di riassumerle, è coinvolto, per esempio:
nella sintesi di nuove proteine;
nella regolazione della pressione sanguigna.
Contribuisce inoltre:
alla salute delle ossa;
alla produzione di energia (ecco perché una sua carenza porta anche stanchezza);
al controllo della glicemia.
Magnesio e controllo glicemico: quale legame
Tra i molteplici benefici che ho qui riassunto quello che ha catturato il mio maggiore interesse è l’ultimo: il supporto nel controllo della glicemia. Forse anche perché è tra i più recenti messi in luce dalle ricerche scientifiche. Il magnesio, infatti, riveste un ruolo cruciale anche nel metabolismo glucidico: tra i 300 enzimi su cui agisce come cofattore rientrano anche quelli coinvolti nella regolazione dell’insulina e nell’utilizzo del glucosio. Proprio riguardo a questo aspetto:
recenti evidenze scientifiche sottolineano l’importanza di questo minerale per il controllo glicemico in soggetti a rischio di iperglicemia;
in individui con familiarità per diabete o già diagnosticati con diabete di tipo 2 studi clinici hanno evidenziato come il ripristino di livelli ottimali di magnesio possa contribuire a stabilizzare la glicemia a digiuno, migliorare la risposta all’insulina e ridurre l’HbA1c (emoglobina glicata) fino a 0,3-0,5 punti percentuali. Questo effetto benefico sembra essere particolarmente rilevante nei soggetti che presentano una carenza di magnesio subclinica, condizione frequente nelle popolazioni a rischio metabolico, suggerendo l’importanza di considerare lo stato di questo minerale nella gestione integrata dell’iperglicemia.
Ma non solo, perché anche:
nelle donne in perimenopausa (fase in cui le alterazioni ormonali predispongono a squilibri metabolici) una sua adeguata supplementazione ha dimostrato di migliorare la sensibilità insulinica e ridurre i livelli di HbA1c, marker fondamentale per il monitoraggio a lungo termine della glicemia;
persone con patologie gastrointestinali, come il morbo di Crohn o la celiachia, potrebbero avere una carenza di magnesio.
Infine, è stata rilevata:
un’associazione tra l’assunzione di magnesio e la densità minerale ossea sia negli uomini che nelle donne.
Misurarne la carenza: si può?
La misurazione accurata dei livelli di magnesio nel corpo umano rappresenta una sfida diagnostica significativa. Voglio dirlo subito. Contrariamente, infatti, a quanto si potrebbe pensare, gli esami ematici standard che rilevano il magnesio sierico o plasmatico forniscono un quadro incompleto dello stato reale di questo minerale nell’organismo. Questo avviene perché soltanto l’1% del magnesio totale circola nel sangue, mentre il restante 99% è immagazzinato principalmente nelle ossa (60-65%), nei tessuti molli e all’interno delle cellule. Di conseguenza, una persona potrebbe presentare livelli plasmatici normali pur soffrendo di una carenza tissutale significativa, condizione nota come “carenza subclinica di magnesio”.
Sintomi come:
affaticamento cronico;
debolezza muscolare;
crampi a riposo (per esempio, quelli che insorgono mentre dormiamo);
spasmi;
tremori;
aritmie cardiache;
irritabilità;
difficoltà di concentrazione;
disturbi del sonno
potrebbero essere indicatori di questa carenza.
Perché tutti potremmo esserne carenti?
Il magnesio è naturalmente presente in numerosi alimenti, tra cui verdure a foglia verde (spinaci, bietole), legumi, frutta secca (mandorle, noci), semi (zucca, chia), cereali integrali e cioccolato fondente. Nonostante questa apparente abbondanza, tuttavia, i livelli effettivi di magnesio in questi cibi sono drasticamente diminuiti negli ultimi decenni. L’agricoltura intensiva, l’uso di fertilizzanti chimici e le pratiche di coltivazione moderne hanno ridotto significativamente il contenuto minerale del suolo, con conseguente diminuzione dei nutrienti presenti negli alimenti. Allo stesso tempo, il nostro stile di vita contemporaneo, più frenetico che dinamico e caratterizzato da stress costante, comporta nel nostro organismo un maggiore consumo di magnesio, essenziale per la risposta adattativa allo stress. Questo minerale viene infatti rapidamente esaurito durante periodi di tensione prolungata, poiché interviene nella regolazione del sistema nervoso e nella produzione degli ormoni dello stress.
Il risultato? Un paradosso nutrizionale: mangiamo cibi teoricamente ricchi di magnesio che in realtà ne contengono quantità insufficienti, mentre il nostro fabbisogno aumenta, creando condizioni favorevoli per carenze subcliniche diffuse e spesso non diagnosticate. Ecco perché una sua integrazione può essere vantaggiosa, in particolare nei periodi di maggior stress.
A conti fatti
Il magnesio è un minerale essenziale per la salute e il benessere dell’organismo. Assicurarsene un adeguato apporto attraverso una dieta equilibrata, ricca di vegetali, frutta secca e cereali integrali, è fondamentale. In caso di difficoltà a soddisfare le esigenze di questo minerale, o in caso di aumentato fabbisogno, gli integratori possono essere una valida opzione. L’importante è individualizzare la scelta preferendo la tipologia di magnesio a seconda del nostro bisogno e tollerabilità.
E ora impariamo a scegliere tra le varie tipologie.
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