Oggi non è una newsletter qualsiasi.
È la numero 100.
Un numero tondo, pieno. Un traguardo volante che racchiude studio, pensieri, approfondimenti, riflessioni. Ma soprattutto condivisione.
Per questo voglio dirti grazie, sperando di averti incuriosito e allo stesso tempo offerto strumenti importanti per allenare il tuo benessere.
Continuerò a farlo, ovviamente, con l’augurio di ritrovarti qui tra altre 100 newsletter.
Buona lettura.
Ph. Valentina Celeste
Negli ultimi giorni qualcosa nei miei dati del sonno mi ha fatto alzare le antenne.
Uso regolarmente Oura Ring per monitorare la qualità del mio riposo notturno e i miei livelli di stress nella giornata e ho notato una drastica riduzione della fase REM, senza variazioni nella mia routine o segnali evidenti di stress. Ripensandoci, c’era però un elemento ricorrente: mi ero risvegliata spesso con una sensazione di caldo. Il deumidificatore non bastava più a contrastare l’afa.
Da lì la domanda: in che modo il surriscaldamento corporeo influisce sulla qualità del sonno?
La scienza è chiara: l’ipertermia notturna può interferire soprattutto con la fase REM, sia essa data dalla temperatura della stanza in cui si dorme, sia dal calore accumulato nel corpo durante la giornata.
Capire questa connessione ci permette di intervenire con strategie pratiche per proteggere il nostro riposo e, con esso, salute e longevità.
Temperatura e sonno REM: un equilibrio delicato
La fase REM (Rapid Eye Movement) occupa circa il 20-25% del sonno negli adulti ed è caratterizzata da intensa attività cerebrale: è il momento in cui sogniamo, fissiamo nella memoria le informazioni importanti e il cervello si rigenera. Ma c’è un aspetto che la rende particolarmente vulnerabile: durante il sonno REM, il nostro sistema di termoregolazione si “spegne”.
L’ho scoperto da poco, e mi ha colpito molto. Già negli anni ’60, gli studi mostrarono che l’ipotalamo – il nostro termostato interno – durante la fase REM smette di rispondere efficacemente ai cambiamenti di temperatura. Il corpo diventa quindi più esposto agli stress termici esterni.
Studi recenti hanno rivelato un meccanismo affascinante: la fase REM è una sorta di “riscaldatore cerebrale termostaticamente controllato”: negli animali a sangue caldo, più alta è la temperatura corporea, meno sonno REM si ha. Al contrario, temperature più basse ne favoriscono uno più lungo e stabile.
Nel sonno fisiologico, la temperatura cerebrale scende nella fase non-REM e poi risale in quella REM. È un meccanismo fine e utile: permette ai mammiferi di risparmiare energia senza che il cervello diventi troppo freddo per rispondere a eventuali minacce. Ma se il corpo è già caldo – per clima, alimentazione o attività – questo equilibrio si rompe.
Il risultato? Una REM più breve e frammentata, che ha effetti negativi sulla capacità del cervello di svolgere le sue “funzioni” di pulizia notturna e consolidamento della memoria.
Il calore diurno: un effetto che perdura nella notte
Non è solo il caldo notturno a disturbare il sonno. Anche quello accumulato durante il giorno gioca un ruolo chiave. Un corpo surriscaldato mantiene una sorta di “debito termico” che ostacola il fisiologico abbassamento della temperatura corporea nelle ore serali, un passaggio fondamentale per addormentarsi e dormire bene.
Anche fattori come la termogenesi indotta dall’alimentazione e l’attivazione metabolica, per esempio, possono mantenere elevata la temperatura interna per ore, ritardando l’addormentamento e compromettendo le fasi del riposo notturno.
Perché la fase REM è così importante
Se ancora ti stai chiedendo perché sto insistendo tanto sulla fase REM, la risposta è semplice: non è un lusso, ma una necessità biologica fondamentale. Quando viene compromessa, anche solo per qualche notte, le conseguenze si sentono subito:
· difficoltà di concentrazione;
· irritabilità;
· cali di memoria;
· peggioramento nella capacità di prendere decisioni o risolvere problemi.
Durante questa fase il cervello lavora intensamente. In particolare:
· consolida i ricordi, trasferendo le informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine;
· elabora le emozioni e regola l’umore attraverso la riorganizzazione delle connessioni neurali;
· ripulisce se stesso, eliminando tossine accumulate durante la veglia (incluse proteine associate potenzialmente a malattie neurodegenerative);
· stimola la creatività, creando nuove connessioni tra idee apparentemente scollegate.
Cosa possiamo fare concretamente?
Bene. Tutto molto interessante (almeno per me!), ma arriviamo al punto: come possiamo favorire l’abbassamento della temperatura corporea prima di dormire e proteggere il nostro prezioso sonno REM?
Ecco alcune strategie basate su evidenze scientifiche:
1. Il timing dei pasti: rispetta la regola delle 2 ore
Cenare almeno due ore prima di coricarsi è fondamentale. La digestione, infatti, alza la temperatura corporea attraverso la termogenesi, un processo che può durare diverse ore. Se mangiamo troppo tardi, il corpo resta “attivo” troppo a lungo, ostacolando l’addormentamento e interferendo con la fase REM.
2. Occhio a cibi piccanti e alcol
Alimenti come senape o salsa Tabasco a cena, per esempio, possono interferire significativamente con il sonno, aumentando i risvegli e tendendo ad allungare il tempo di addormentamento. La capsaicina dei cibi piccanti (leggi peperoncino) aumenta la temperatura corporea proprio nel primo ciclo di sonno, momento in cui invece dovrebbe iniziare a scendere.
L’alcol, pur sembrando rilassante, interferisce con i cicli REM successivi e altera la termoregolazione naturale.
3. Fai una doccia tiepida-fresca (non fredda!)
Una doccia fresca prima di dormire può aiutare il corpo a dissipare calore. Ma attenzione: l’acqua non deve essere troppo fredda. Temperature troppo basse causano vasocostrizione e attivano meccanismi di conservazione del calore. Otterremmo quindi l’effetto opposto.
4. Utilizza oli essenziali al mentolo e all’eucalipto
Una chicca per chi cerca un aiuto in più: gli oli essenziali al mentolo e all’eucalipto. Come vi raccontavo nell’ultima newsletter, il mentolo aziona i recettori TRPM8, quelli che il nostro corpo usa per percepire il freddo e che si attivano normalmente a temperature sotto i 26°C.
Il risultato? Una piacevole sensazione di freschezza, senza alterare davvero la temperatura interna.
Il mentolo, infatti, “inganna” questi recettori facendo credere loro che la temperatura corporea sia più bassa di quella reale, creando una sensazione di raffreddamento senza modificare effettivamente la temperatura interna. L’eucaliptolo presente nell’olio di eucalipto agisce con un meccanismo simile, attivando gli stessi recettori TRPM8.
Attenzione, però, a utilizzare questi oli con cautela: la menta piperita può essere troppo stimolante e potrebbe interferire con l’addormentamento. La menta verde (spearmint) è un’opzione più delicata. Meglio applicarli diluiti o usarli in diffusione ambientale, almeno 30 minuti prima di coricarsi.
In sintesi: il sonno REM ha (davvero) bisogno di fresco
· Il legame tra temperatura corporea e fase REM non è un dettaglio marginale: coinvolge meccanismi neurobiologici profondi, cruciali per il benessere mentale e cognitivo.
· Il calore in eccesso, sia notturno che accumulato durante il giorno, può ostacolare la qualità del sonno, compromettendo memoria, regolazione emotiva e capacità di recupero cerebrale.
· La buona notizia? Esistono strategie evidence-based: dal giusto timing dei pasti all’uso mirato di oli essenziali, passando per semplici accorgimenti comportamentali. Tutto può fare la differenza.
Perché dormire bene, e soprattutto proteggere la fase REM, non è solo questione di riposo, ma di salute cerebrale a lungo termine.
Bibliografia
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- Siegel, J. (2022) "Warm-blooded animal groups with higher body temperatures have lower amounts of REM sleep". Lancet Neurol. 21(9):768-776.
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